La gelosia è fondamentalmente la paura di perdere ciò che si pensa di avere, nel nostro caso di perdere o di non possedere totalmente la persona che amiamo. Parliamo quindi della nostra gelosia verso il partner e non della gelosia rivolta verso di noi.
Ora, se tutto ciò fosse vero, e in alcuni casi è proprio vero, allora il problema non sarebbe la gelosia in quanto tale, ma una fragilità psicologica che coinvolge tutte le sfere della vita; sarebbe un disturbo della personalità da curare per ritrovare un equilibrio e una vita serena. Ma qui siamo nel campo della patologia e le patologie vanno ovviamente curate. Ma la gelosia, in sé, non è annoverata nell’elenco delle patologie, nessun medico o psicologico scriverebbe su una cartella clinica: diagnosi = gelosia. Ma allora perché “patologizzare” la gelosia con i discorsi sull’insicurezza, disistima, vuoto esistenziale?
Io vorrei proporre un approccio diverso alla gelosia e considerare la gelosia per ciò che in realtà è, cioè una qualità morale, al pari della generosità o dell’egoismo, della temperanza o dell’intemperanza, ecc.
Le qualità morali sono quelle qualità legate alla
La gelosia, allora, non è altro che una qualità in mezzo ad altre qualità. E’ una qualità alla quale ci siamo “educate” in un determinato modo, magari patologico o equilibrato, ma che possiamo decidere di coltivare o meno, di coltivare in un certo modo o in un altro… Tutto dipende da ciò che vogliamo essere, da ciò che scegliamo di essere.
Non dobbiamo sostenere uno spontaneismo infantile, perché questo non è altro che la manifestazione di una personalità immatura; dobbiamo piuttosto “prendere in mano la nostra vita”, come si suol dire e cercare di capire cosa stiamo facendo, cosa siamo e dove vogliamo andare. È il principio della consapevolezza di sé, sul quale tanto insisto nei miei post.
Per ora vi lascio con questi spunti di riflessione, la prossima volta cercherò di descrivere le caratteristiche della gelosia e il suo significato in quanto qualità morale.