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Di illustri imprenditrici, donne allo sbaraglio, libretti degli assegni e intellettuali arguti

Anche io Marina Berlusconi per un giorno.

È un nuovo giorno, e da qualche parte nel mondo un editorialista o un intellettuale maschio si sveglia. Aprirà gli occhi, leggerà un giornale e prima ancora del secondo caffè si sarà meravigliato nel domandarsi “Ma come potete, donne italiane, rimanere in silenzio davanti a questo scempio? Perché tacete perplesse a bordo del vostro Titanic lasciando libera la scena a chi affossa economia e morale?

Ogni mattina in Italia noi donne-gazzelle raccogliamo cori da stadio che ci incitano a correre per prendere la parola, per esprimere lo sdegno che dovrebbe attanagliarci. E non occorrerebbe nemmeno scomodare motivi politici, basterebbero quelli morali, di genere. Anche se – detto tra noi – in questo momento io, se solo riuscissi ad essere compostamente indignata più che proletariamente inferocita, pesterei i piedi (ma non solo quelli) per i posti di lavoro che si nebulizzano, per le aziende usate come merce di scambio, per la speculazione sugli ammortizzatori sociali e quel genere di cosucce lì. Che faranno anche un po’ metalmeccanico old fashion, ma gli anni ’70 non tramontano mai.

Sì, e poi lo ammetto, ci sta anche lo sdegno morale. Ma la mia nobiltà di intenti è scivolata in fondo al mio conto, in rosso come la mantilla che mi vedo sventolare davanti ad ogni titolo. Toro, più che gazzella dunque.  Disquisizioni introduttive a parte, ieri – per la gioia di chi sopra – l’appello è stato raccolto. Lo scandalo denunciato. E – per carità – non da una escort, una miss o una maitresse de luxe. E neanche da Simona Ventura. No. Da un’autorevole imprenditrice di successo:  Marina Berlusconi, presidente della Fininvest. Con una mano sul cuore e l’altra sul libretto degli assegni (tremante al pensiero delle 12 cifre, virgola compresa, dei  564.248.108,66 euro da sborsare), la signora Berlusconi si è concessa al Corriere della Sera in un’intervista che esprimesse la sua personalissima visione delle questioni italiane, per denunciarne le aberrazioni morali e giudiziarie.

Come mai? Niente leoni, gazzelle o animali da fattoria. Un motivo pratico, come noi donne siamo: spiegare i motivi dell’esposto che segnala un’anomalia sul maxi-risarcimento alla Cir per la vicenda del Lodo Mondadori. Nel suo sbottare, però, Marina Berlusconi ci ha ricordato il sacro principio che inequivocabilmente ogni scarrafone è bello a mamma sua. E non ci stupisce quindi che lo scarrafone in questione sia il suo papà, il nostro Presidente del Consiglio, un po’ pirata e un po’ signore. D’altra parte cosa c’è di più sacro in Italia che la famiglia? E non una famigliola qualunque, ma una famiglia moderna, di quelle con Consiglio di Amministrazione incluso. In ogni modo, lasciando da parte Freud, Edipo ed Elettra, che ci mancano solo loro nelle Neroniadi Berlusconiane, Marina Berlusconi si è presentata all’appello per denunciare la “barbarie legalizzata” di cui il Cavaliere è oggetto da anni.

Dicono che le donne italiane devono reagire esattamente a questo tipo di fenomeni? E lei lo fa, perdiana. E incalza, e accusa stampa e giustizia di fabbricare fango all’occorrenza, in assenza di veri reati. Mentre “Il processo, con inevitabile condanna, viene celebrato sui media”. Ora qualcuno con poco senso dell’umorismo potrebbe replicare che se suo padre ai processi si presentasse, la battaglia mediatica sarebbe solo la seconda sede in ordine di importanza, ma sono quisquilie. Quello che per me conta però è mettere l’accento su una faccenda che mi sta a cuore e un po’ mi turba: punta di vaghezza nel mio orgoglio, potrei anche decidere di seguire l’illustre esempio della signora Berlusconi e insorgere domattina, dopo aver portato fuori il cane.

Magari spedire una dichiarazione al Corriere della Sera o registrare un’intervista per Ballarò, raccontando della mia nausea e della mia preoccupazione, delle mie sedute tra analista e commercialista, in virtù di queste deplorevoli faccende. Lavoro, morale, classe politica, credibilità nazionale. È seccante venire presi di mira da David Letterman un giorno sì e uno no. E capirlo dai sottotitoli tra l’altro. Potrei telefonare a tutte le mie amiche e radunare un girotondo estemporaneo, un rubabandiera, un corso di aquagym politicamente corretto.  E non ci troveremmo in poche.  Ma penso che, in assenza di un losco traffico con un qualche uomo politico avvenente, anche di livello provinciale, e nemmeno favorita da un cognome presentato o denigrato almeno una volta in un talk show, avrei forse più possibilità di visibilità se mi dessi fuoco come un bonzo posizionato strategicamente vicino alla caserma dei pompieri. O se concorressi come Italian Next Drag Queen.

Da che mondo e mondo siamo un paese da “Sangue e Arena” (o era “Fifa e Arena”? non ricordo bene), abbiamo inventato noi il “panem et circenses”.  E quindi posto che coi prodotti da forno me la cavo male, che numero da circo dovrò inventarmi, dovremo inventarci, per avere accesso all’arena e diventare anche noi gladiatrici per un giorno almeno? Direttori di giornali, intellettuali, per favore, suggeriteci il da farsi. Smettetela di incitarci a lanciarci dalla scogliera come lemming. Ce li ha già promessi la pop art i nostri sporchi minuti di audience, ora ci servono. Non sono Marina Berlusconi e nemmeno una velina. D’altra parte le prospettive parrebbero di lungo periodo e penso che avremo tempo per farci venire idee brillanti e soprattutto incisive.

Chiude infatti la sua intervista la signora Berlusconi: “Mio padre non molla e non mollerà. Per il rispetto e l’amore che ha per la democrazia”. E pur apprezzandone gli intenti, quel verbo “mollare” devo averlo già sentito da qualche parte. Per favore, rilancio la sfida: voi uomini intellettuali arguti, domani mattina scandalizzatevi meno e siate creativi. Si attendono suggerimenti.

LA SIGNORINA SILVANI

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