L’università al giorno d’oggi forma o “distrugge” le coscienze?

La mia riflessione parte dall’ennesimo caso di suicidio. E’ all’ordine del giorno ormai accendere la radio o la tv, navigare sul web, aprire un giornale, ed apprendere la notizia di un altro suicidio dettato dalla disperazione in cui la società ormai ci ha catapultato.

Questa volta il caso è quello di una ragazza di 28 anni, Lucia giovane crotonese,  che lo scorso 4 aprile è morta gettandosi dal balcone della sua abitazione. Madre di una bambina di 2 anni, laureatasi con 110/110 in ingegneria gestionale all’Università della Calabria, costretta a doversi accontentare di un lavoro non suo e mal pagato e che “aveva solo il difetto di portare un cognome anonimo”.

Dopo giorni di silenzio (a causa del dolore giustamente) la madre della ragazza ha deciso di far sentire la sua voce tramite una lettera inviata al Quotidiano della Calabria in cui sfoga tutta la sua rabbia nei confronti di una società non meritocratica che non sa più offrire niente ai giovani (soprattutto a quelli del Sud) e che è ritenuta colpevole della morte della figlia, la quale ha pagato a caro prezzo il voler rimanere in Calabria (“E’ una colpa da pagare a così caro prezzo? Se è così, giovani, andate via, andate via e abbandonate questa Terra noi non vi vogliamo!” scrive la donna). Scrive la madre “E’ il gesto che ogni giovane potrebbe fare, soprattutto se giovane del Sud”. Essendo io una giovane laureata del Sud, non posso rimanere indifferente leggendo questa frase.

Un gesto del genere è sicuramente un gesto estremo. Proprio questa mattina parlando di ciò con una persona, che ha avuto la fortuna (ormai dobbiamo chiamarla così perché non basta più solo il merito) di realizzare molte delle proprie ambizioni lavorative, mi son sentita dire “io non capisco”, e questo è anche plausibile; ma io, che sono una neolaureata,  credo di potermi avvicinare a comprendere le motivazioni che possono portare una persona, magari già caratterialmente fragile di suo e con altri problemi, a cadere in depressione a causa di qualcosa che gli spetterebbe ma che viene negato.

In teoria ogni matricola intraprende la carriera universitaria considerandola un investimento per il futuro … Si investe denaro, tempo, ci si sacrifica per il raggiungimento di obbiettivi magari puntando anche al massimo, e logicamente ci si aspetta una “ricompensa”, un qualcosa che valga tutti i sacrifici fatti, ma questo qualcosa raramente arriva.

L’Università è una “istituzione di alta cultura” (art.33 Costituzione) ed è una “istituzione finalizzata alla ricerca scientifica, alla formazione culturale, e al processo civile della società” (Si legge sullo Statuto dell’Università della Calabria); dovrebbe formare la persona al fine di darle la possibilità di ottenere un futuro migliore, ma sembra che stia solo creando false aspettative che con il tempo arrivano a “distruggere” psicologicamente i neolaureati.

Siamo in una società che non ci mette nelle condizioni di ambire ad un’occupazione adeguata al nostro titolo di studi, ed è bene che ogni giovane che oggi fa una scelta ne abbia consapevolezza, onde evitare un impatto troppo duro con una realtà che purtroppo sta dimostrando di non essere all’altezza delle nostre aspettative.

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