Fashion zombie, la stagione dei vampiri è finita. Parola di Lady Gaga

L’altra sera guardavo un po’ distratta il finale di stagione della quarta serie di True Blood quando improvvisamente una battuta mi arriva dritta dritta al cuore: “Gli zombies sono i nuovi vampiri”. Fulminante tanto quanto banale. Come avevo fatto a non pensarci prima?

fashion zombie Rick GenestE ripenso a 28 giorni dopo, il film di Danny Boyle che nel 2003 aveva riaperto il cassetto fino a quel momento lasciato in monopolio al cinema di serie B e soprattutto a George Romero, padre dello zombie-movie già dal suo La notte dei morti viventi del 1968, lasciando però una questione in sospeso. Ora, dopo l’indigestione di vampirelli pallidi e sexy, cattivi o buoni (devo citare Twilight? e True Blood e i Diari del Vampiro? Senza contare Anne Rice e tutta la narrativa più o meno adolescenziale), pare che il molto poco attrattivo settore dei “morti viventi” stia cercando di attirare le luci della ribalta. Per chi desidera approfondire qui c’è un articolo della Reuters che sviscera il tema. E ce n’è pure un altro di Time, addirittura del 2009. Come al solito era già tutto pianificato da tempo.

In ogni modo è conclamato, i vampiri ormai sono venuti a noia. Prevedibili nel loro essere stati riciclati, trasformati da creature del male in affascinanti damerini con problemi di coscienza. E quindi avrebbe senso che ora si facessero sotto gli zombie.

Un’altra serie tv, da seconda serata, ma decisamente interessante, è Walking Dead: un poliziotto, l’uomo che fa sempre la scelta giusta (come Jack di “Lost”, tanto per dire), guida un pugno di sopravvissuti alla ricerca di un posto dove fermarsi e ricominciare, in un’America divorata da orrendi zombie purulenti e post-epidemici. Si noti, però, che in questo caso l’eroe che fa palpitare il cuore è ancora un umano, niente di nuovo. Se non che sembra chiaro che l’attenzione delle Major si stia spostando altrove.

Sarà possibile allora trasformare i dondolanti cannibali dagli occhi vuoti in un fenomeno appetibile per il pubblico? In particolare per il pubblico femminile, considerato che l’horror è un genere che ai maschi piace sempre, splatter o no. E che probabilmente per un uomo non sarebbe un problema sognare di girare una mazza da baseball contro una testa nemica per difendersi dal pericolo, mentre sono pronta a scommettere che una donna avrebbe più difficoltà, fosse solo per evitare gli antiestetici schizzi di materia cerebrale.

Warm BodiesPerò una risposta già esiste:  e sta racchiusa in un film che probabilmente uscirà quest’estate, tratto da Warm Bodies di Isaac Marion (Fazi Editore), libro-fenomeno costruito sul passaparola via web e arrivato proprio al momento giusto. Il protagonista è uno zombie che ha addirittura un nome, R, e sarà interpretato da Nicholas Hoult. Sospettosamente somigliante a Robert Pattinson, R non mangia solo cervelli, ma ne assorbe le memorie, e qui sta il trucco. È belloccio, non si deteriora troppo con il tempo e si auto umanizza. E – fermi tutti – si innamora pure di una fanciulla decidendo di proteggerla. Ci troviamo di fronte al nuovo prototipo di idolo delle teen ager? Non per niente nella presentazione si parla addirittura di “Zombie romance” con allusioni a “Romeo e Giulietta”. Orrore.

Ma apriamo gli occhi e guardiamoci ancora un po’ più intorno. Cerco su Urban Dictionary, imperdibile bibbia dello slang anglo_americano, e trovo la voce “Fashion Zombie: una persona con capelli nerissimi, makeup, chiamata più spesso ‘Goth’. Anche un titolo di una canzone cantata dagli the AquaBats (qui parte del testo “These children of the undead look dress for the endless Halloweens / And this horror-like production takes total dedication / Of black clothes and pale complexions / Rock jet black hair to match their make up. / And who can blame them? / They walk the asphalt cemetaries. / These Fashion Zombies. / The must have been born that way”).

E a chi non è venuta in mente a questo punto Thriller di Michael Jackson? Se non erano fashion zombie loro!

In ogni modo non è tutto. Butto un’occhiata alle passerelle. Un’amica mi ha parlato di una nuova “fashion extravaganza”: si chiama Rick Genest, lo Zombie Boy, ventisettenne canadese che a 16 anni cominciò a farsi tatuare sul corpo il disegno di uno scheletro/cadavere in decomposizione. Oggi Rick è diventato famoso per la sua collaborazione con Thierry Mugler e Lady Gaga, entrando prepotentemente nel video di presentazione del fashion show  del marchio francese, realizzato insieme al designer Nicola Formichetti, (che si dice abbia trovato Rick grazie alla sua pagina Facebook, sottraendolo ad una “carriera di freak da baraccone”, anche se di questo si potrebbe discutere).

Rick poi ha raggiunto il top comparendo in’ Born This Way della stessa Lady Gaga.  Che in effetti interpretando la natura di”fashion zombie” in una chiave sci-fi da Grande Fratello suggerisce un’altra lettura della “zombitudine”, ricordandoci – forse suo malgrado? – che prima di tutto uno zombie mangia il cervello degli altri perché non ne ha uno suo.

E per chi avesse la curiosità di vedere Rick_Rico_the_Zombie “au naturel”, eccolo nella campagna promozionale di un concealer, in cui riesce a mostrarci quanto sarebbe bellino anche senza tutto quell’inchiostro (la sua ambizione è arrivare a coprire l’80% del suo corpo, solo per hobby, senza alcuna altra particolare intenzione). Bellino, dicevo, ma non Zombie, ovvio. E in questo caso evidentemente è un plus.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=9mIBKifOOQQ

In conclusione, ammettiamo pure che gli zombie siano ecologici, biodegradabili e sicuramente meno dispendiosi di un decadente e vizioso vampiro, dunque assolutamente perfetti per rispondere alla nostra ansia sociale da Crescita Zero/Non Inquinamento. Ma pare che il prezzo da pagare in termini di “sensibilità e coscienza estetica” per eleggerli come Nuovi Oggetti di Desiderio sia un po’ alto. Putrescina e cadaverina incluse. Io sono amo gli zombie, sia chiaro, e ogni volta che ne abbattono uno mi dispiace un po’. Ma che se ne stiano al loro posto, vale a dire fuori dalle porte altrui.

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