Educazione siberiana: la recensione del film di Gabriele Salvatores

Gabriele Salvatores, uno dei registi italiani maggiormente capaci di esportare il cinema made in Italy all’estero, forte anche dei suoi riconoscimenti internazionali, torna al cinema con una storia dura, che racconta il cambiamento di un’epoca e di un’amicizia, nella fredda terra di Russia.

“L’educazione siberiana” è uno strano tipo di “educazione”. E’ un’educazione criminale, ma con precise e, qualche volta sorprendentemente condivisibili, regole d’onore che tutelano i deboli, la famiglia e i valori. La storia si svolge in una regione del sud della Russia e abbraccia un arco di tempo che va dal 1985 al 1995.

In quegli anni avviene uno dei più importanti cambiamenti della nostra storia contemporanea: la caduta del muro di Berlino e la conseguente sparizione dell’Unione Sovietica con tutto quello che questo evento ha poi comportato nei rapporti economici e sociali dell’intero pianeta.

Il film racconta la storia di due ragazzi educazione siberiana recensioneche passano dall’infanzia all’adolescenza, attraversando un cambiamento personale in un periodo storico di cambiamento, per definizione, che li porterà a fare scelte diverse, contrastanti e alla fine drastiche.

Il microcosmo in cui i due sono cresciuti, la comunità di “siberiani” in cui sono nati, diventa il simbolo di un mondo e di un modo di essere che alla fine si distacca dal particolare stato dei fatti e diventa una storia universale e trasportabile in qualsiasi luogo, perché racconta di rapporti umani, che sono uguali in tutti i luoghi della terra.

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