Lavoro nei Call Center: il Ministero sostiene l’attività ispettiva

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, lo scorso 2 aprile, ha emanato una circolare importante per accompagnare l’attuazione di recenti, rilevanti novità normative, fornendo chiarimenti operativi fondamentali. In particolare ha precisato i limiti di applicabilità del lavoro a progetto nel settore dei call-center, limiti prevalentemente legati alla introduzione di corrispettivi minimi per i lavoratori impegnati in tale settore.

Nello specifico, con Circolare n.14 del 02 aprile 2013, il Ministero chiarisce che il compenso dei suddetti lavoratori non potrà essere inferiore, a parità di tempo della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali, applicati a figure analoghe, per competenza ed esperienza, al collaboratore a progetto.

Ministero sostiene l'attività ispettivaIl Ministero ha affrontato il problema delle attività di vendita diretta di beni e di servizi. Mentre le figure degli agenti e rappresentanti sono in qualche modo tutelate dal Codice Civile in primis ed in altre fonti normative, ai lavoratori operanti nel settore dei call center si applica per lo più la prassi amministrativa. Per questo motivo la circolare ha innanzitutto definito le diverse attività outbound come quelle “nell’ambito delle quali il compito assegnato al collaboratore è quello di rendersi attivo nel contattare, per un arco di tempo predeterminato, l’utenza di un prodotto o servizio riconducibile ad un singolo committente“, rispetto a quanto avviene nell’inbound, in cui “l’operatore non gestisce (…) la propria attività, né può in alcun modo pianificarla giacché la stessa consiste prevalentemente nel rispondere alle chiamate dell’utenza, limitandosi a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie psicofisiche per un dato periodo di tempo“.

Così il Ministero ha chiesto al personale ispettivo di “verificare l’esistenza di postazioni di lavoro attrezzate con appositi dispositivi che consentano al collaboratore di autodeterminare il ritmo di lavoro“. Da ciò si evince che il collaboratore può essere considerato autonomo a condizione che possa “unilateralmente e discrezionalmente determinare (…) la quantità di prestazione da eseguire e la collocazione temporale della stessa”, deve quindi poter decidere, nel rispetto delle forme concordate di coordinamento, a) se eseguire la prestazione ed in quali giorni; b) a che ora iniziare ed a che ora terminare la prestazione giornaliera; c) se e per quanto tempo sospendere la prestazione giornaliera.

Non c’è ancora una specifica contrattazione collettiva, ovvero alle attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center outbound, ma in attesa della sua determinazione, la tipologia contrattuale applicabile nel frattempo è quella relativa alle retribuzioni minime previste dai rapporti di collaborazione, ferma restando la natura autonoma: “in assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto”.

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